S ...
«
I
Digitized by thè Internet Archive in 2016
https://archive.org/details/orazionefunebreiOOpind
IL MARCHESE SCIPIONE MAFrEI
Nato il
Morto ai
EHllniLLLlII]
C*jPietro F. o tari dei.
IDotn. Cunejo Scoìr
ORAZIONE
FUNEBRE
IN MORTE
DEL MARCHESE
SCIPIONE MAFFEI
DETTA NELLA CATTEDRALE DI VERONA
D A L MARCHESE
MARC ANTONIO
PINDEMONTE
DEL CONSIGLIO DE’ CINQUANTA , E ACCADEM. FILARM.
IN OCCASIONE DE’ SOLENNI FUNERALI CELEBRATI PER PARTE DEL MEDESIMO CONSIGLIO. Con 1' Aggiunta d' alcuni Componimenti Poetici d' Autori Verone fi .
IN VERONA- MDCCLV.
A Spese della Magnifica Citta'
Per Dionifio Ramanzini Librajo a S. Tornio . )( Con Licenza de Superiori.
' 1
t v * *• s;
é
A SVA ECCELLENZA
CARLO GRADENIGO
CAPITANIO E VICE PODESTÀ" DI VERONA.
I Pro veditori di Comun.
Ella gran perdita fatta dall Italia , e più par- ticolarmente dalla Git- » per la morte dell’ insi- gne Marchefe Scipione Maffei , que legni d’onore, che ora publi- chiamo, per far note al mondo
e l ai-
A %.
e l’altiflìma eftimazione, e la gra- titudine, che la detta Città no- ftra profèffa a si grand’ Uomo, il quale, oltre la dottrina, avea tan- ti meriti appreflb la lua Patria, a chi meglio potean dedicarli, che a V. E. ?■ lilla ha fecondate le noftre iollecitudini per onorare, quanto pollibil folfe, la memoria del gran defunto , ed Ella ci ha fatti noti i clementillimi fend- ine nti del magnanimo noftro Se- renilfimo Principe, il quale tan- to aggradifce, che quella fedeliC lima Città paleli i luoi fèntimenti verlo un sì gloriolò e benemerito fuo Cittadino. Con queftatto d’ olfequio procuriamo altresì di pa- lefàre almeno in parte quanto
dob-
dobbiamo all’ E. V. nel cui bene- fico e gloriofo Reggimento lì veg- gono rifplendere e zelo i ndef el- io, e illibata giuftizia, e non mai Ranca aflìduità, e cortelìffima af- fiabilità verlo i Nobili , e amoro- la carità verlo la plebe, e arden- te deli derio di giovare ad ogni genere di perlòne , e cento altre virtù, con le quali mirabilmente adempiile tutti i numeri dell’uno e dell' altro tùblime carico , che foftiene . Qui farebbe d’uopo ra- gionare alquanto dell’ antichiftl- ma e gloriofa voftra Famiglia , che con tante Dignità, e con tan- ti meriti de’ luoi gran Figlj lì re- fe così diftinta nell’ inclita no- li ra Dominante ; e altresì del-
le virtù voftre perfonaIi,edi tante nobiliffime doti, che v’ adornano, e ogn’ ora per l’ induftria voftra veggonli accrelcere; ma ciò non comportano le anguftie duna let- tera, e molto men la voftra mo- deftia , che tanto ricufà d’afcoltar la lode, quanto compiaceli di me- ritarla. Altro dunque non ci re- ità, che di pregare l’E. V. ad ac- cogliere con aggradimento il do- no, che le s’ offerilce, grande ve- ramente per il Soggetto, che nell’ Orazione , e ne’ fufleguenti Com- ponimenti vien lodato, ma tenue e Icario riguardo a noi, che lo pre- fentiamo; e di porger voti all’Al- tiftimo , acciocché voglia per ben publico confèrvare lungamente la voftra vita.
VII
EXEMPLUM
Ex Adtis Confiliorum Magnificat Civitatis Verona.
Die yovis VI. Martii , mane, MDCCLV. in Confifio Duodecim & Qiiinquaginta , Praefidente Illuftrifiimo & Excellentiflimo Doni. Capitaneo Vice Potevate, in Votis LXIII.
Tra folemmbiis exequiis celebrandis , & S tatua marmorea erigenda Dom. S cipioni Muffe io Macchioni .
LEU a ìterum fuit Pari ìnfrafcripta > prò qua de loco Concioni s favorabiliter dìfferuit Magnificat & Excel! e m Co: Jo : Hiero - nymus Hortì Manara Provifor Communis . Contradixit de eodern loco Co: Jo: Lucat de Carminati? , alter ex Legum Conferì) atoribut , & officio funge ns Legum Contradì Jtoris , cui Pari biduo ante oflenfa jam fuerat juxta legei , quce deinde fuffragiit expofita , capta re » manfit cum Voti s omnibus ..
NElla perdita da Noi fatta del chiariflìmo Marche fe Sci pia- ne Maffei, perdita fommamente luttuofa, non folo a Noi > ma a tutta Italia, della quale efio era colla profonda fua erudizio- ne ornamento e fplendore , fi prefenta a quello Coufiglio la. fu» nella non meno, che doverofa occafione di dare 1* ultime teftimo- nianze della gratitudine, e fiima fempre avuta verfo un sì grand' Uomo: feguendo anche in ciò gli efempj de’ noftri Maggiori , che vollero onorati in diftinta maniera quei Cittadini, che refero Ve- rona col loro valore, e dotti. Scritti chiara ed illuftre. Celebra.
A 4 con
Vili
con fomme lodi l’Europa gli aurei libri della Scienza chiamata Ca » vallerefca * l* incomparabil Tragedia della, Mewpe , e la Verona Uluflrata , ciafcuna delle quali Opere giunge nel fuo genere al' fommo, e celebrati- fono eziandio gli altri. Tuoi dottiffimi libri, di filerà e profana letteratura , che acquiilarono all* Autore fama immortale . Oltre tutto quella però , che forma Pamtnirazion degli Eltranei, la maturità di quello Numero volger deve lo fguar**- do a quel di, piu , ch’egli ope.ò per la Patria, e per trasfondere didimamente ne’ fuoi Concittadini V amore della virtù, e delle belle Arti. A tal fine trapiantò qui una colonia della celebre Ar- cadia di Roma; mantenne a fue fpefe, e per comun beneficio Uo* mini dotti nella Greca, ed Ebrea lingua; aprì’ in fua cafa rego- lari letterarie adunanze, copia facendo a chiunque il bramava del raro fa pere, ond’ era arricchito. Per di lui cura furono a noi ri- chiamate le arti della ftampa , e del difegno; da lui promofle le fabriche della Fiera, del Teatro Filarmonico, del Mufeo Lapi® dario ; da lui dato eccitamento, ed impulfo a tutto ciò, per cui credeva accrefcere fi potelfe alla Città- vantaggio, e- decoro ; il che non fi-legge di altri famofi Uomini alla memoria de quali fu- rono nondimeno da quello Fublico fubiimi onori giuflamenre im- partiti . E fe fu il Mafiei acclamato dall’ infigne Univerfità di Osford , dalle celebrate Accademie di Parigi di Berlino, di Londra, e da tutte le più illudo d’Italia; fe fu didimamente onorato dall’ Imperator Carlo VI. , da Vittorio Amedeo Re di Sardegna, da Giorgio Augudo Re della Gran Bretagna, e dal defùngo Principe di Galles, dal Regnante Sommo Pontefice, e dal Sereniffimo noftro Principe, che dopo avere molto encomiato il di luì merito in Ducali n. Giugno 1732. volle decorarlo con i ifuoi difcendenti dell’ infigne grado di Condottare di gente d’armi; bene a ragione fi attendono dalla gratitudine di quella Patria le più vive dimodrazioni di onore verfo un nobililfimo Cittadino, dal quale è data in tanti modi , ed a così alto fegno adornata; e
però a propofizione del Magnifico ed Ecceil, Conte Gio; Girola- mo,
IX
mo Orti Manara Provrditor di Cornuti a anderà Parte porta per li Magnifl Pro vedi cori , e Configli© de* XII.
Che nella Chiefa Cattedrale , ed in modo conveniente al noft.ro Publico fiano celebrate al chiariamo Marchefe Scipione Marte! folenni efequie con Melfa di Requiem in Malica , e con Orazion funebre, perlaquale refta eletto il Marchefe Marcantonio Pin- demonte l e che a canto di quella del Fracartoro Ha alzata al fud- detto Marchefe Martei, previa la Sovrana permiftìone, una Statua di marmo ad efempio de’ poderi , ed a perpetuo tertimonio della dima j e riconofcenza di quefto Coniglio .
D0,
X
DUCALE
DEL SERENISS, PRINCIPE.
F RANC1SCUS LAUREDANO DEI Gratta DVX Venetìarum&c „ Nobili , & Sapienti Viro B ART HO LO MALO GRADONICO Capitaneo Vice Poteflati Veruna, fide li , diletto , fallite m , & dilettionis affettimi',
SI rinova alla memoria del Senato per le voflre Lettere Marzo corrente la filma univerfale, che appreffo il mondo Letterario fi è acquiflato il fu Marchefe Scipione MafFei co’fuoi fcritti adorni di efimia. dottrina , e di fingolar erudizione in ogni genere di Letteratura facra e profana dalla Publica matu- rità dichiarati degni di comendazione fin dal 1732. con le Du« cali ii„ Giugno „ In fegno di comun difpiacere di cui tocca la muffitila parte a codefla Fedeliflìma Città, per la morte feguita di così degno fuo Concittadino , defiderando ella di dare un par- ticolare atteflato colf efcquie folenni, e flabilir a chi tanto ope- rò per illuflrarla un perenne teflimonio di fua gratitudine, colla erezione di una Statua da porfi a canto alf altra del famofo Fraca fioro, concorre pienamente il Senato ad approvare la Par- te in dette volile Lettere accompagnata, onde abbia a riporta- re T intero fuo effetto , e ferva ella di ftimolo a chiunque per imitare le virtù , e il merito del defunto, a cui farà innalzato il propofto decorofo monumento ..
Dato in noftro Ducali Palatio die XIII. Martii Ind. III. MDCCLV,
0
Girolamo Alberti Segr*
Regiflrato fotto il dì XVH. Marzo MDCCLV. in Cancelleria Pretoria Lib. QQ. fol. 108.
ORA-
XI
ORAZIONE
DEL MARCHESE
MARC’ ANTONIO
PINDEMONTE*
RA i più lodevoli iftituti, e alla fiocietà, al governo, e al buon codiane più gio- vevoli , onde nell antichità le nazioni colte, come la Ebrea, la Greca , la E- trufca,ela Romana, da quelle fi diR in- gueano, a cui la brutalità e lignotaii- za poco altro d’ umano iafciavano, che la figura, come que’ popoli Settentrionali, ora puliti e addottrinati , ma un tempo alla noftra Italia funeftiflìmi, da’ quali col procedere de’ Secoli non folo il,. -Romano Imperio, ma l’umanità, la vita civile, le leggi, e le bell Arti di (trutte furono, uno veramente de’ più impor- tanti, e degno non di lode fidamente, ma d’imitazione, mi par quello d’onorare pubicamente le morti, e la me- moria de’ grand’ Uomini; con che non folo alla gratitu- dine foddisfaceano verfo i benemeriti della Patria, ma in- citavano i viventi, e un acuto potente (limolo lardava- no
Xll
no a chi dovea nafcere per animarli alle belle azioni, al- le utili fatiche, alla virtù, all’ acquilo delle Scienze, e - a tutte le induftrie, e a tutte r Arti , che floridi pofifon rendere gli Stati, e dalle quali la gloria e la felicità di- pende de' popoli e delle Città. Tale nobilifììma ufanza, fe bene non tanto ne’ polteriori tempi frequentata , non però mai cadde in oblivione, ma d’ora in ora nelle Cit- tà più illuflri vedefi rinovata; ed ora appunto con l’ap- plaufo e con l’acclamazione , non che dell’Italia, ma fpero quafi dell’Europa tutta, voi la fufcitafle, o preftan- tiflimi Cittadini, decretando con unanimi concordi voti ne’voflii Comizii , e funerali onori , e Statua intera da eri- gerfi ali’ incomparabile Marchefe Scipione Maffei: nel- la penofa infermità del quale voi dimoftrafte e la grand’ eflimazione, e l’ affetto, che d’Uom tale conofcitori tut- ti per lui nodrifle, con ordinare publiche preci per la fu a confervazione a chi feguitando 1’ adorabile ordine della fua imperfcrutabile Previdenza volle poi chiamar- lo al premio delle continue fatiche , ed applicazioni , a cui quegli nell’ammirabile fua vita, e per le onefte Arti, e per il buon coftume, e per la difefa della Religione Cattolica fi fottomife. Solamente parer potrebbe non u- guale al perfetto giudizio voftro la elezione, che di me facefte, perchè recaffi qualche allievamento al publico univerfal dolore, compendiando in funebre Orazione le quafi infinite lodi a tal Soggetto non folo convenevoli, ma dovute; di me, dico, più atto a piangere sì gran perdita, che a confolare l’altrui triftezza, e che bensì tanto di mente e di cuore ho forfè avuto, quanto era baftevole per ammirare , e per amare il gran merito del Maffei , ma non certamente tanto ho di cognizione e di- feernimento per ben comprenderne il valore, e di elo- quenza
XIII
quenza per celebrarlo . Nulladimeno per corrifpondere, quanto s’eféendono le forze mie, alla buona opinione, che la cortefia voféra di me formò, e per obedire a voléri co- mandamenti, i quali per il Maftei defunto mi preferi Ae- ro una funebre dicerìa , e un compiuto racconto della fua vita, e non un’ Iféoria , ma un’ Orazione, mi sforze- rò d’ imitare gli Agronomi, ed i Geografi, che in un picciol globo, e in una breve tela vanno le sfere delinean- do, e i celeféi corpi, i mari, e le Provincie; e porrò cu- ra per reféringere nel più breve giro , che a me farà pof- fibile, le infinite cofe, che alla mia mente s apprefenta- no, con ifperanza di porgere qualche follevamento agli afflittiffimi voléri animi , che dagli abiti, da i di medi ■volti, dagli atti, e dalla eléeriore apparenza voléra ben veggo trafpirare. A voi però, fuperata ogni repugnanza, mi preferito gravilfimi Cittadini, non per di'éefimente riferire, ma per adombrare in qualche parte la gloria, le azioni, il merito, e gli Scritti del gran defunto, per li quali in quello corrottibil Mondo nella memoria degli Uomini vivrà immortale, e fperiamo che nell eterno quella mercede non manchevole riceverà , che il fupre- mo Rimuneratore promette a quel buon fervo , il quale i talenti ricevuti non fepellifce, ma con utili/fimo beato traffico a gloria di chi li diede, gli va moltiplicando. Dovendo io dunque di sì grand’ Uomo favellare, fra l’am- piezza della mateiia, e la picciolezza deli’ ingegno mio, e ’! breve fpazio di tempo confiderando , in cui deveef- fere circofcritto il mio ragionamento, sì confido mi ri-*
O 7
trovo, che non veggo dove determinarmi a cominciarlo; onde per raccogliere im sì gran felva un picciol fafeio, tralafcierò dì far parole della fua Famiglia , non fido nelle nolére parti , ma in Roma ancora , e in altre Città
d’ Ita-.
XIV
d’ Italia ne’ paffati tempi molto riguardevole ; tanto pili perdi1 egli medefimo, bensì con gran mode (Ha , e eoa egual prudenza, ma però quanto badava fu codretto a ragionarne, e nelle Memorie litoriche fopra il chiarilììmo Generale Marchefe AleiPandro fuo Fratello x e nella fe- conda Parte della Verona Wuftrata , nella quale degli Scrittori Veronelì egli trattando, che nel decimofedo fe- colo fiorirono , paria de’ Malfei , e recondite ma ficure notìzie apporta di nobiliflimi Soggetti , che con Cappelli Cardinalizj ed altre Dignità, con feelta letteratura, con dottiffimi Scritti ed elegantilfimi, alla profapia loro fplen- dore accrebbero , ed ornamento . Quello trapalando , ed alla fua perfona rivolgendomi , di là comincierò, quan? do nella fua prima giovinezza ritornato egli in Patria da que’ Collegj per la educazione della gioventù nobile idi- tuiti , non li. diede all5 ozio , all5 ignoranza , ed a5 piace- ri , in quegl’ infelici tempi quafi univerfalmente reputati per caratteri di grandezza, ma fe bene era vago, e della pulitezza del vivere civile, e della geniale converfazio* ne , non trafeurò di coltivare quell’ ingegno, di cui sì largamente era data la Natura a lui liberale. Collocava fempre buona parte della giornata negli dudj ; ed abbat- tutoli ia una età , in cui la rovina, delle belle. Lettere , che nel palpato, fecola all5 edremo giunfe, non. eralì ia quede parti riparata , nè potendola della maniera di com- porre, che allora era fola in pregio appagare il fuo per- fpicacifhmo intelletto, deliberò egli di portarli a Roma, ove dall5 Accademia degli Arcadi, che nobili e feelti in- gegni poc anzi avean eretta, guerra intimava!! alla bar- barie , e al travolgimento della Eloquenza e della Poelìa; Arti proprie di nodra Nazione, e per le quali negli an- teriori fecoli la moderna Italia, nulla invidiava all’antica,
ed
XV
ed alla Grecia; negli anteriori fecoli dico, quando le al- tre belle Arti, non ie ingenue folo, che liberali fono dette, ma le meccaniche ancora, e le Scienze tutte fu- rono dai foli Italiani a nuova vita richiamate , e nelle altre Europee Nazioni pur da erti diffufe e fparfe, quel- la barbarie e quali invincibile rozzezza difcacciando,che per la caduta dell’ Imperio , e per le irruzioni di que! Barbari, che l’Italia principalmente o depredarono, o per affai maggior fciagura poffedettero , inondò per tan- ti fecoli l’Europa tutta . Perdono , o grand’ Anima, ti domando, fe con breve Svagamento, per far’ onore all* Italia noftra, da te mi dipartii, da te , che per la Italia- na gloria cotanto, mentre fra mortali dimoravi, t’ affa- ticarti , e tante recondite e obliate cofe difcoprìfti ; ma lofio con le mie parole a te reftituendomi, dico che giun- to in Roma il Maffei noftro, non può crederli con qual celerità s’ imbeveffe egli de’ fani modi , delle idee , delle grazie, e delle forme , e di quelle maniere d’ ef- primerfi, e di penfare, per cui tanto i verrt noltrì , e le nortre profe da quelle delle altre efterne genti, e delle altre viventi lingue li dirtinguono . Fece torto egli udire in quelle radunanze e Rime coltiffìme e purgatiffimi Ra- gionamenti, e fra le altre cofe gran meraviglia a tutti ap- portò quel Poemetto per la nafcita d’un Principe di Pie- monte, in cui la imitazione di Dante, che tanti già tentarono, dal giovine Maffei, allora poco avanti nella lezione, e negli aditi introdotto di quel gran Poeta, sì fe- licemente, e al parer di gravi e giudiciofì uomini me- glio d’ ogn’ altro fu efeguita , a tale, che un Letterato infigne nel commentare il Poema d’un giovinetto ftimò bene impiegate le fue fatiche . Quindi tornato di nuovo in Patria, fece i primi lampi di quell’ infaticabile zelo
traf-
XVI
trafparire, ond’ egli per la gloria della Patria e della Na- zione così fervidamente fu fempre accefo , con aver* elfo il merito di'fpargere per quelle contrade i primi femi del buon gudo , così nella legata favella , come nella fciolta, e fgombrare dagl’ intelletti degli Studiofi que’ pregiudizi, che per la lettura e per la imitazione de’ vi- zioli Autori inimuati s erano, e poi tenacemente radica- ti, dilfepellendo dalla oblivione, in cui giaceano, tanti ottimi Scrittori della belliflima nodra lingua . Da talu- ni erano bensì difcoperti in parte i gran difetti di que’ Poeti , e Profatori, per i quali miferamente l’Italica Elo- quenza fe naufragio, e predo gli Stranieri della Italia- na letteraria idoria ignorantidìmi la pofero in derilione, ma però de’ moltiffimi nodri buoni Autori anche fra noi poca o niuna notizia avendoli, quafi il folo Maggi, co- me non contaminato dal penfar falfo, e dalle dravolte ma- niere di parlare, era appo i migliori in ammirazione, e quafi come in lui la cortina d’ Apollo fi folfe aperta, tut- ti gareggiavano per imitarlo. Ma dopo, che il Maffei quell’ incomparabile Teatro diede fuori, in cui riduffe ad efame gli fcritti di quell’Autore, e dove finiiììmo giu- dicio , profonda penetrazione , ed ottima poetica dot- trina rifplendono mirabilmente, niuno più vi fu, che quella maniera feguitaffe, ma tutti alla lettura di chi dori negli aurei fecoli decimoquarto e decimofedo s’ ap- pigliarono; e ne’ verfi e nelle prole la imitazione di que7 nodri buoni Antichi fi fcorgea , che prima del Maffei quafi non erano conofciuti. Quindi ad altro egli paffando, odervò la corruttela per colpa e per la imperizia decorni- ci, e de’ Seminari negl’ Italici Teatri fparfa ; perciocché pode in difufo le nodre in tal genere migliori cofe, anzi non avendofene più notizia, Tragedie e Comedie lì re- cita-
xv ir
citavano, ove nedun veftigio cT Arte, neffun orma d’ efe- cuzione di que’ precetti , che antichi Maedri e Filofofi in- fognarono, appariva; e quel, ch’era più deplorabile, e pili che tutt’ altro a luidolea, per la introdotta licenza of- fefo rimaneane il buon codiane; onde avveniva , che fe traduzioni in profa di Franceh Tragedie talvolta rappre- fentavanfi , a confronto delle nodre fenza regole , e fenz3 Ar- te ammaliate indente, e d’ofcenìtà contaminate, rafifem- bravano divinità . 0 decadimento , anzi rovina lagrime- vole/ A che giovava, che dopo il riforgimento dell Arti e delle Lettere, di gran lunga fodero dati primi i nodri , che fu le orme della veneranda Antichità tante regolate Tragedie, e tante lepididime di numero e perfezione af- fai maggiore Comedie prodotte avedero, fe poi cadute ef- fendo in totale dimenticanza e le Opere e gli Autori , e abbandonata la efpredìone della natura e del vero, fu la quale pofero quelli tanto dudio, fra noi 1’ Arte Dramatica in tant’ obbrobrio con ifcherno degli Ederi, e con danno de’ codumi dovea precipitare ? Allora il Madei edere im- prefa impedìbile conofcendo il levare adatto gli Spettaco- li , in tutti i tempi avuti in grazia predo ogni colta Na- zione, e folo dove mai non furono Arti e Scienze, ma in- vincibile ignoranza, non conofciuti, pofe prima ogni fuo sforzo , con gl’ldrioni dedi non ifdegnando di trattare , per togliere le difonedà, non folo alla Religione, ma al decoro dovuto a un Publico, sì contrarie: e pofeia defide- rofo di porger foccorfo anche in queda parte alla reputa- zione degli Italiani s’affaticò , perchè Azioni dramatiche sTtdidero non sì difordinate, e dall Arte e dalla Natura non sì lontane . Però nel nodro Anfiteatro recitata eden- doli la Rodoguna, Tragedia , che il Francefe Pietro Cor- nelio antepofe a tutte I altre fu e , egli prima una dottidl-
B ma
/
XVIII
ma cenfura fcrilfe, ove con ingegno acuti flimo ed epual dottrina i diretti ne difcopri; pofcia per convincere col fatto, e veridìmo far vedere in pratica quanto infegnava ne’ ragionamenti , e negli fcritti , compofe in pochiflìmo tempo queila gran Tragedia, autorizata dall’ammirazione dell’Europa tutta, dalle innumerabili edizioni , e dalle tra- duzioni, che i migliori efteri ingegni nelle lor lingue pu- hlicarono. Di più, molti anni dopo alcune antiche Tra- gedie no lire , nelle quali nè l’Arte, nè il collume eran1 offefi , con una dottilììma Prefazione diede in luce, per- chè d’ufo ferviflero a’ Comici migliori ; da’ quali ancora nelle Comedie, per opera fu a principalmente , lì vedeva entro la Città no lira per molte ore trattenuta un’udienza con piacere lènza udire cfcenità . Ma o Dio che nel pro- posito di fgombrare, quanto ad uomo polii bil folle, i per- niciofi abufi da*paefi noftri, tante cofe alla mente mi s’af- follano, che non fo dove rivolgere le mie parole, timo- rofo di dannare con fermo ne troppo lungo, e per elfer mio non ornato, la volila fofferenza.. In sì ampio campo fento che con violenza a fe tragge i miei pensieri ed i miei detti quell’ indicibile giovamento, che da lui l’Italia ri- portò, liberandoli da quelle malfime dannofidì me , che da- gl’ignoranti e brutali Longobardi piantate nel terrea no- lìro, pofcia per opera di fallì e barbari Legulei e di Fi- lofofi non migliori fi propagarono. Voi m’ intendete , che della chimerica Cavalleréfca' Scienza or’ io favello , dal Maffei non migliorata , non corretta , nè trattata, come ridicolmente fcrilfero alcuni avverfarj fuoi, ma diftrutta., ma ellirpata, ma fin dalle radici fpiantata, ed abbattuta. Qj.ial erudizione, qual dottrina , qual penetrazione, quai principi di inorai Filofolia, quai lumi d’ Antichità, di Storia, -di legai Scienza da altri non cdervati , qual razio»
cinio
XIX
cinio, qual giudizio ammiratili nella grand' Opera , fcrit- ta ancora in uno flile, del quale i Fiatoni, gli Arinoteli, i Pemolleni , e gl' liberati , i Ciceroni, i Salluffii , e i Li- vii fi glorierebbono , fe ne1 nollri tempi e nella nollra lin- gua fcritto avellerò/ Dell’ effetto, che ne feguì, altro non dirò, fe non che que libri e quelle fcritture in tal mate- ria, di cui prima miferamente ripiena era l’ Italia, ora o giacciono polverofi negli angoli delle Biblioteche, oper accidente tolti in mano, materia porgono , non come pri- ma d’ illruzione , ma di rifo e divertimento. Anzi qualora da que5 Tribunali , cui ciò fpetta, la lettura concedeafi di libri Cavallerefchi , per opporre ai veleno il più potente falubre antidoto, a tali pernii Aloni la condizione, anzi E ordine & aggiiiiìcrea che i libri del Maffei leggere fi do- veffero. Già che le fue fatiche per lo ben publico vado rammentando, tacer non debbo come la grande idea del Giornale de’ Letterati d’ Italia che cominciò , e per moit5 anni feguitò in Venezia ad efeguirb , nacque prima nella fua mente. Egli non fenza gran fatica ind uffe a! giovevo li filmo lavoro vari Letterati, egli ne diftefe la dotti dima ed eleaantiffima Prefazione , ove con grande indù ùria L ifforia intera de5 Giornali compilò , e connieravigliofe off ferv azioni la grande utilità ne fe vedere . Per far conofce- re a quedo proposto quanto mirabil foffe il talento fua nell’ intendere , e nel giudicare delle fatiche e de’parti de- gli altri ingegni, n’addurrò in teftimonianza il fol Ra- ffretto da lui lavorato , con l’ aggiunta di varie fue confi- derazioni , della impareggiabile Opera legale del Gravi- na , il qual compendio pervenuto alle mani di quel grand’ Uomo, e da lui letto e confiderato, gli recò tal meravi- glia, ch’ebbe a dire, e in fue lettere lo fcriffe, che LE- pitom.e più valea deli’ Originale . Ma volendo per altri
B 2 cara-
XX
campi delle fue lodi coi mio parlare fpaziarmi r qual ma s’apre vadidìmo duine , anzi pure Oceano da trapalare f Voglio dire, che alla conliderazione mi s offeridce la oro- fondi ili ma dottrina dua in ogni genere d’ Antichità , Ro- mana, Greca, ed anco Etrufca , cui per acqui dare- accop- piò nel cordo di tanè anni al grande ingegno duo uno fti> dio fatico didimo , oltre i viaggi , i pericoli , i didpen- dj , e dempre quando poteva , le locali oiTervazioni . Me- daglie, Iscrizioni , Membrane, Papiri, Manudcritti, Di- plomi, badi Rilievi, Gemme antiche, Dittici, ed ogn’ar- tra letteraria dupellettile e monumento da chi meglio che da lui erano ititeli, da chi con più acutezza a’ ingegno e con più dapere interpretati ? Voi ne date tede e Opere volumi node a tutti note, e Didertazioni , Trattati, Epido- le, Didcord , parte di cui gli Eruditi dal terrei! nodio più remoti o nella Latina o nella lor lingua rivoltarono . Quante vi di godono nuove didcoperte, quante^ non più in- dite odervazioni, quanti errori , tenuti per Oracoli e per principi inconfrafta-bili , ad evidenza disvelati, quante e- mendazioni in Latini e Greci Autori da’ Critici piu valen- ti nè pur peniate-/- Quanti abbagli in punti importanti dì mi d’erudizione anche negli Dotti più principali e Cialde! vi ft notano / Per cogliere e porre in viltà poche dpicned' un campo decondidimo, la materia diplomatica dopo la famoda Opera delP. Mabillone alla dua fomma perfezione ridotta e pervenuta reputavali : ma» dimodrò il Malfei ne’ fuoi libri delia iftoria Diplomatica, che fervono come d” introduzione all’ Arte Critica in tal materia, quanto an- cora in eda era li all’ odeuro, per non edere data preda dal duo principio, nè con li d'èra ta dalla dua radice. Fa vedere che badevolc non è per quedo dudio 1 erudizione de’badi decoli , ma necelfaria edere la Greca e la Romana , idca--
v.ando
XXI
vando le origini degli ufi diplomatici, e delle Inveititi*- re che fin allora di tempi tanto inferiori comunemente furono credute . Quali efempj accennò egli d’errori prefi ancora da’ più dotti nel leggere, nel giudicare, nell’ in- tendere / Quanto falfo provò edere il filtema piantato ge- neralmente in materia di caratteri • Prima di lui ni uno fu, che delle Gotiche lettere dubita ife . Al Maffei era ri- ferbato il recare e fpargere un nuovo lume; e la incom- parabile difcoperta fua da Uomini dotti (fimi fu giudica- ta edere ficura ed evidente. In Francia per pochi anni dimorando, quante in quel gran Regno Antichità didot- terrò, che sfuggite erano a i Dotti di quella aculatiffima, e negli ftudj infaticabile Nazione/ Le Greche Sigle chi poteva interpetrare , s’egli con affinità da altri non mai prefo ad intenderle non infegnava ? Niun vi fi a che di padìon m5 acculi , e di parzialità, fe ho coraggio d’ af- fermare, che quafi tutte, fra tante Opere fue di vafta o di minor mole in materia d5 Antichità e d’ Erudizione , nuove difcopeite podono appellarli. Nuovi fiftemi pianta egli , e quanto grande l’animo,, tanta caute e rifpettofe fono le maniere, con le quali al cornuti de Dotti , e a ciò, che lì tiene, e credeli uni verbalmente r egli s’oppo- ne; e non già le novelle opinioni fue chimere fono , e fan- tafie, ma con tale acutezza e perfpìcacià y con autorità sì fode, con ragioni sì efficaci fon provate , che parer podono dimoftrazioni .. E ciò che fa maravigliare,, fra si numerali e varj punti , eh’ eì maneggia r dì qualunque tratti , pare, che in quei fola tutti gli ft ud| fu or „ e le applicazioni abbia collocate* Ma tu a Verona fòpnt le altre Città faftofa andar devi ed efultante, fiori tanto? per la gloria in tali ftudj acqui fiata da un tua Figlia, quan- to per citò ubatoli frutti ne ripartala y e fin alia, dàtrazia-
ite
XXII
ne de* Secoli riporterai . Oltre quel Mufeo così copiofo , ed ordinato sì mirabilmente, ond* egli t* adornò , e po- fcia in voluminofa Latina Opera con altri Mufei de’ più celebri illuftrò, le tue memorie da chi meglio che da lui nella Verona ili ufirata diffepeliite furono e rintracciate ? Con qual criterio , con qual dottrina trattò egli dell’anti- chiffuna tua origine , dagli altri Scrittori , come quella di tant’ altre Città d’Italia , involta fra tante inezie ! Den- tro F Opera quanti belliiTmii e nuovi punti fopra le Me- tropoli, e fopra il Romano governo egli difende, che tanto fervono non folo per la Yeronefe , ma per tutta l’Ita- liana Iftoria ? Con quaP evidenza l’ ignominiofa nota da terimoffe, la quale alcuni imporre ti voleano , che ad una vicina di te minor Città fossetta folli Hata un tem- po , come adelfo è a te Fcfcbiera • Non inoltrò egli, che per prova di tale moflruofa Itravaganza, d’uopo è confon- dere affatto i tempi, i paefi , le nazioni, le imprefe , e le fpedizioni d’antichi popoli in quelle parti, opporli all’au- torità d’antichiflimi e gravi filmi Scrittori, e fare altri a. fe medefimi repugnanti, tutto rovefeiare il lillema de] Roman governo, e mal leggere un* antica Iscrizione,, e peggio intenderla? Sopra il qual punto veramente fa II li- pire, che dopo le validilhme confutazioni le ftelfe co fe da^li Avverfarj fi ripetono, e di nuovo con altre aggiun- te in luce fi producono . Procedendo, quanto maravigliola e nuova è la differenza, eh’ eoli adduce fra il governo Gotico, e Longobardo, da cui fu F Italia ngnoreggiata ! In quale nuovo afpetto, e da quello di ver fi filmo;, in che fu pollo da tutti gli altri, pone egli il celebre fatto di Crefcenzio Infinite cofe forpaffando , di tanti tuoi Figli indigni, di tanti tuoi Scrittori quante recondite ed ofcti- ridirne notizie traile egli da foltiffixne tenebre, e divulgò,
ini-
xxnr
impegnandoli con invitto animo non folo negli Campati libri , ma ne’ manufcritti / imprefa, che dal gran Mura* tori per i fuoi Modenelì tentata fu, ma poi, come fcrif- fe egli medefimo, per le difficoltà inoperabili tralafcia- ta. Dove poi con tanta indudria e diligenza, con tanta dottrina, con tanto giudicio e difcernimento tratta pie- namente delle cofe tutte, che in te fono da pregiarli, di quanta gloria, non folo tua, ma per incidenza di quali tutte l9 altre Città d’ Italia fono le rariffime e non più fat- te offiervazioni , eh* ei raduna; cui leggendo fi confonde- rebbono , fe lì alzaffiero da’ lor fepolcri , e d5 alta vergo- gna fi ricoprirebbono quegli Scrittori, che trattarono di viaggi , e più degli altri quelfignorantiffimo Miffion , che avendo fcritto dell’ Italia, e con tanto danno de*via££Ìa- tori, aggirandoli per le mani di quafi tutti, riempie il mon- do d’impodure e di fciocchezze. Dilli, per incidenza di quafi tutte I* altre Città d’Italia, perchè ivi molte nobi- liffime ed utiliffime invenzioni nelle beli’ Arti, e per ufo umano egli palefa, e prova effiere date degl* Italiani , che ora di nuovi termini rivedile comunemente anche da’ no- dri agli Ederi s attribuifeono . Con inedimabile fatica tante dilettevoliffime e per noi sì onorevoli notizie egli ri- cercò, dagli altri non vedute le diffepeUì , al publico le efpofe e alla luce per Tindefelfo amore , che alla Patria ed alla fua nazione egli portava; fopra che preziofa è vera- mente, nè può, quanto bafta , commendarli la cenfura da lui fatta alla Biblioteca del Fontanini, ove quante cofe con grand’ onore dell’ Italia egli primo incontra- ftabilmente fa apparire alle altre Europee Nazioni da noi comunicate, ed ora noftre non credute, ma ftraniere/ Nella quarta Parte chi più profondamente e dottamente trattò del noftro e degli altri Anfiteatri, e rivelò 1’ erro- re
XXIV
re degli anco crudi ti ili mi , che in tante altre Città cre- dettero Anfiteatri elTere flati; il qual Trattato, fubito che nell Anglia giunte, da quella gente ftiidiodtàma a- vidamente fu tradotto. Ala dove mi Jafcio tra fpor tare , o nobili Cittadini, per quella vadiffima pianura divagando de Maffe’jani fludj , fé ancora trafandandone una gran parte in pericolo mi trovo d’edendermi in lunghezza ad un Oratore non convenevole ? Nulladimeno concedetemi per benignità volita d’arredare i veloci palli , e pelarmi alquanto, meno però, che mi farà potàbile, fopra quel- la parte di quelli fludj fuoi , che con immortai gloria, quale fra pofleri non perirà, dnch’ ogni gullo di lettere non perifea, impiegò egli nell’ indagare rEtrufche Anti- chità. Fin dalle rinate Lettere fu le Antichità Romane e Greche i Dotti s affaticarono , lanciando .di viltà i buo- ni Etrufci , o fia Itali primitivi, che per le Scienze, per le Arti, per lo-conliglio, per la ricchezza, potenza e guerriere imprefe a qualunque altro piti colto popolo non cedeaoo. In quello intralciato ed ofeuro campo va- lorofamente entrando il Madre! nodro, con qua 1 compier- lo di notizie ed olfervazioni, che fenza meraviglia e lira or- dinario diletto non poffon leggerli, dfsò egli l’origine di tal gente , in che nulla riufeirono i primi lumi e più ve- nerati del palfato fecole, lo Scaligero, ij Salmafìo, il Bo- carto, e meno nell’ antecedente il Pollello, il Celli , e ’I Giambullari / A chi legge ora gli ferini tuoi non vengo- no da fe fletàe a farli conofcere le imperfezioni della grand5 Opera, sì magnificamente poi dampata e con tanto apponi- lo ricevuta , del Dempdero ? Quanti belfitàmi patà adduf- fe il nodro, onde fi fcuopre il merito degli Etrufci , che dal Dempdero, e dagli antedetti non veduti furono, nè citati 1 O voi Opere fu e di tal genere , che tefori fode re- putate ,
XXV
putate, e prodotte al Mondo altri d’ invidia riempiere , altri di rtupore, o Difcorfo degl’itali primitivi in altre lingue convertito , e molto più tu o Trattato incompara- bile fopra la Nazione Etrufca dopo qualche anno in luce ufcito, e divifo in varj libri, fattevi vedere, aggiratevi per le bocche e per le mani degli Studioh, che con una fola vortra pagina fupererete di gran lunga quanto la fcar- fiffima mia , e non efercitata eloquenza dir mai potrebbe . In voi le notizie iftoriche di tal Nazione e degli altri più antichi abitatori dell’ Italia fi contengono; in voi degli Etrufci caratteri fi tratta, e d’altri Alfabeti antichi; in voi della lingua, e delle Ifcrizioni Etrufche, e delle Pe- lafghe, e di moltirtìme altre cole a que’ popoli ed a5 La- tini antichi appartenenti con quai recondite, pellegrine, e non più fatte offervazioni fi ragiona; e chimerici erro- ri e fantafie d’ alcuni moderni fi confutano, che o lin compiuti Etrufci Dizionari arrivarono a promettere ; o * per volere a quelle genti attribuir tutto, anche le più fidi- le cofe in dubbio rivocarono. Ma in sì bel giardino di sì var) e vaghiffimi fiori adorno, e di tanto faporiti e fa- lciferi frutti copiortdìmo ricreandomi, e per eifo non a- giatamente paleggiando , ma più torto affai velocemente trafcorrendo , cioè della profana letteratura, che nel de- funto nollro Eroe la minor parte formava della fua glo- ria , fuccintamente favellando, ove lafciai da parte, fen- za nè pur toccarle, varie Operette fue in materie Fifiche e naturali , come circa la formazion de’ Fulmini la nuo- va fua opinione, e Trattati degl’infetti rigenerantifi , e de’ pefci maritimi fu i Monti, e della Elettricità, m’ av- veggo eifer neceflario , che fenza timore d’ effer difpiace- vole con la lunghezza, verfo quella, che di maggior fua gloria fu, pieghi il mio difcorfo, cioè verfo la dottrina
C fua
XXVI
fua Ecclefiartica e Teologica . Era quello il principale iludio del Maffei,' in cui ben quarantanni della preziofa fua vita confumò , affaticandoli con iltancabile diliger za fu le facre carte, fopra i Santi Padri, fopra i Concil), e Canoni, e le tracce feguitando, che per molto tem- po dalla viva voce, e dalle iltruzioni del gran P. Bacchi- niapprefe, di cui fi gloriava effer Difcepolo. Per mag- giormente in tale Audio perfezionarfi , egli molt’ anni do- po non rifparmiò fatica per iftruirfi in avanzata età dell’ Ebraiche, sì come Marco Catone delle Greche lettere. O divina adorabile Providenza, chi può intendere i tuoi Mi- fferj e le tue vie! Tu nell’animo d’ un Cavaliere tutto ac- cefo per gli avvantaggj temporali , per il decoro tranfito- ìio e per la gloria della Patria e della Nazione , coltiffimo di fua perfona, amante delle civili onerte convenzioni, e fuori d’ effe tutto immerfo o nelle amene Lettere , o nel- le anticaglie della profana Gentilità , il defiderio ifpira- Ai della celefte tua Dottrina, tu le idee nella fua mente con tanto lume glie n’ imprimerti , tu verfo effa il core d ardentiflimo affetto gl’ infiammarti , per di lui fervirti come d’iftrumento a purgare il belCrirtiano campo e dal- le zizanie men recenti, che negli antecedenti fecoli Io infettarono, e fieguono anche adeffo ad infettarlo, o dalla nuova per le fottigliezze fue perniciofiffuna , che con ap- parenza di zelo, e con fortanza di fuperbia ogn* or più propagafi e fi dilata. Santirtima Romana Chiefa, Catte- dra di verità, non badano le tue condanne . O con dete- rtabile ortinazione s infifte ad appellacene , o con malizia più coperta, e forfè più nociva, contro le maffime daman- ti Padri ftabilite , fi vuole con dirtinzioni interpretare, e torcere con violenza in buon fentimento quello, che con- dannarti- Ma per più non ifviarmi dall’ intraprefo ragio- na-
xxvi r
namento; facciam palefi (che pochi il fapran forfè) i pri- mi frutti, che il Maffei produffe dalla pianta di sì falu- tari applicazioni , fcorli ora più di fette luftri , fe bene pochi anni fa l’opera fu publicata, i quali furono la con- futazione dello Scifma e del noto error de’ Greci contro gli acutilfimi Leon fapiente Imperatore , e Fozio fuo Maeltro . Subito bensì nel giro di quel tempo pubi i - cati furono un dopo 1’ altro tre Trattati contro il Pfaff, reputato allora il più dotto fra’Luterani , anzi nella Gei * mania il loro capo . Dio immortale, oltre la Dottrina, chi fcrifle in materie Teologiche con più chiarezza, ed eleganza più mirabile ?